Differenze fra Allevamenti

Si sente spesso parlare di allevamenti professionali e amatoriali.  Ma cosa s’intende con queste definizioni e quali sono le principali differenze tra i due? 

PROFESSIONALE: Per la legge ( Legge del 23/08/1993, n. 349 ) l’allevatore di cani diventa imprenditore agricolo nel momento in cui possiede più di 5 fattrici e produce annualmente più di 30 cuccioli, si tratta quindi di allevamento professionale, dove gli introiti di questa attività superano quelli derivanti da attività diverse da quella cinotecnica (quindi non agricole). Per questi allevatori è previsto l’obbligo all’iscrizione alla Camera di Commercio (quindi si apre la Partita IVA) autorizzazione sanitaria esposta al pubblico, obbligo di registro carico/scarico e di emettere documenti fiscali. Ogni regione poi fissa delle soglie per cui si considera un’ attività di allevamento continuativa commerciale e che prevede l’autorizzazione dell’ASL, che si ottiene seguendo un corso. 

AMATORIALE: Per la legge quindi tutti gli allevamenti ,che hanno meno di cinque fattrici e producono meno di trenta cuccioli all’anno, sono ritenuti amatoriali, quindi visti come un semplice hobby. Fiscalmente questi allevatori non hanno obbligo di dichiarare nulla se si prova che gli incassi sono inferiori alle spese. Se invece si avesse reddito positivo si è tenuti a dichiararlo come “attività commerciale esercitata occasionalmente” .

A titolo informativo, ecco il testo della normativa per aprire un Allevamento Amatoriale: 

“Legge n.394 – 1993 e Decreto Ministeriale 349 – 1994 Un allevamento per potersi dire di qualità deve occuparsi di un numero limitato di razze, (massimo due o tre) in modo da specializzarsi su tutto ciò che riguarda queste razze, ma anche con lo scopo di garantire la salute fisica e mentale ottimale del cane. Un allevamento di valore possiede almeno una o due fattrici con ottimo pedigree, solitamente figlie di campioni. Ogni elemento di ciascuna nuova cucciolata và iscritto per legge ai registri dell’ENCI (Ente Nazionale della cinofilia Italiana), questo permetterà loro di partecipare a eventuali gare e mostre canine. Le mostre e le esposizioni sono un punto d’incontro tra vari addetti ai lavori, per cui diventano automaticamente una buona fonte di contatto tra allevatori e appassionati.”

Riassumendo: Un proprietario di un cane di sesso femminile che provveda a produrre con esso una cucciolata, per la legge diventa automaticamente un allevatore. Se le cucciolate sono poche e sporadiche nel corso degli anni l’allevatore è detto amatoriale, senza dunque un riconoscimento come tale a livello nazionale, quindi senza obblighi fiscali. Purtroppo i pochi controlli che vengono fatti dalle autorità e la scarsa legislazione che regola l’attività di allevamento amatoriale fa si che nel nostro paese regni una giungla di abusivi e pseudo allevatori, a cui basta intestare i cani a parenti per eludere la normativa e avere redditi costanti non dichiarati. 

Un allevatore professionale (a reddito principale) o semi professionale (ovvero che abbia un secondo reddito costante) quindi deve avere autorizzazione sanitaria (che prevede una struttura a norma, distanze da centri abitati ecc), Partita IVA e regolari registri di movimentazione animali.
L’amatoriale deve registrare le movimentazioni degli animali (per es. Nascite, morti, cessioni) all’origine in anagrafe canina e mettere gli incassi, se in attivo, in “redditi diversi” della propria dichiarazione dei redditi. Dal punto di vista delle garanzie sanitarie verso il futuro proprietario amatoriali e professionali hanno i medesimi obblighi di tracciabilità, garanzia della salute dei cani e dei riproduttori. Da ricordare : nessun allevatore amatoriale e/o professionale può richiedere il chip al futuro proprietario, perchè la tracciabilità del cane deve essere fatta in allevamento dall’allevatore.

L’affisso ENCI e l’iscrizione al registro allevatori, disciplinato dal Mipaaf –Ministero delle Politiche Agricole , non fissano parametri per distinguere gli amatoriali dai professionali, ma solo delle soglie per ottenere un marchio riconoscibile sui ROI.

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